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"It seems the donkey is laughing, but he instead is braying (l'asino sembra ridere ma in realtà raglia)": si veda sotto "1927-1933: Pompous Prognosticators" per avere la conferma che la storia non si ripete ma fà la rima.


martedì 27 settembre 2016

I fallimenti di Bce e Deutsche Bank

martedì 27 settembre 2016 

Ha fatto scalpore e sensazione la notizia del vertice bilaterale franco­tedesco organizzato per domani da cui è stata esclusa l'Italia, ennesimo schiaffo dopo la conferenza stampa congiunta Merkel­/Hollande al termine del vertice di Bratislava. Soltanto chi ha creduto alla pagliacciata di Ventotene poteva pensare che fossimo in presenza di un reale reset nelle relazioni intra­europee, che l'asse renano avesse davvero deciso di allargarsi e trattare da pari le "cicale" italiane. Certo, la presenza attiva di Renzi al vertice mediterraneo in Grecia non ha giovato alle nostre relazioni con i partner nordici, soprattutto per l'agenda dichiaratamente anti­austerity di quel meeting, ma non è solo questo il problema: Berlino e Parigi non ci ritengono partner affidabili, né alleati di pari livello. Ci disprezzano, da sempre, pur dissimulando. Il premier Renzi ha glissato, giustamente, sull'argomento, non attribuendogli troppa importanza, ma resta il fatto che gli schiaffi diplomatici e protocollari cominciano a essere un po' troppi e sempre più volgari. Cosa farei se fossi premier io? Comincerei a mettere le cose in prospettiva, ovvero a dipingere i nostri altezzosi partner per ciò che sono: dei falliti. La Merkel sta perdendo ogni elezione che le si pari sul cammino, addirittura umiliata nel suo Land un mese fa e nel suo stesso partito le fronde si sprecano, tanto che gli alleati bavaresi della Csu hanno detto chiaro e tondo che o si cambia registro su immigrazione e sicurezza o alle elezioni del prossimo anno non ci saranno liste comuni di apparentamento. Vogliamo parlare di Hollande, presidente di un Paese che spende il 65% del Pil in spesa pubblica, ovvero un Paese clinicamente morto? Un sondaggio di due settimane fa diceva plasticamente che solo un francese su dieci lo rivorrebbe all'Eliseo, sintomo che forse tutto questo Napoleone 2.0 non lo è. E noi ci facciamo umiliare e dettare l'agenda da gente simile? Ma dove è finito l'orgoglio nazionale? Al vertice di domani saranno presenti tutti i più grossi gruppi imprenditoriali d'Europa e, fino a prova contraria, il nostro Paese è il secondo in fatto di manifattura nell'Ue, la Francia è dietro di noi: come possiamo accettare certe umiliazioni senza colpo ferire? Volete sapere che cos'è in realtà l'Europa con cui si riempiono la bocca i nostri altezzosi partner? Ce lo mostra plasticamente la grafica a fondo pagina, dalla quale scopriamo che quest'anno la Bce ha stampato circa 600 miliardi di euro nel suo programma di Qe, mentre nello stesso periodo il Pil dell'eurozona è cresciuto di soli 31 miliardi: questo significa per ci vogliono 18,48 euro di denaro stampato dal nulla per generare 1 euro di crescita, quindi ogni mese buttiamo via circa 80 miliardi di euro. Ecco la geniale intuizione di Mario Draghi, ecco la formidabile Europa in azione. E dove vanno i soldi "generati" dal Qe? Non certo all'economia reale italiana o francese o portoghese, ma nemmeno al mercato azionario, sempre debole, mentre quello statunitense continua a sfondare nuovi record: la Bce sta davvero servendo gli interessi europei o sta facendo ciò che la Fed non può più fare ufficialmente? È questa Europa da cui ci facciamo dettare le regole, per caso?

È Deutsche Bank la bomba sotto la sedia del capitalismo

27 settembre 2016



Riguardo gli ultimi sviluppi di Deutsche Bank mi pare interessante qualche riflessione che riporto di seguito:

"Ieri il titolo di Deutsche Bank è crollato per l'ennesima volta segnando il minimo storico, ma il governo tedesco ha escluso aiuti di stato. In questo articolo pubblicato da Left a Luglio si anticipavano le difficoltà che la banca tedesca avrebbe incontrato e il conseguente pericolo sistemico per la finanza mondiale."

"da Left del 17 luglio 2016

La fragile situazione del Monte dei Paschi di Siena tiene occupata gran parte della stampa italiana e non solo italiana. Ma mentre le preoccupazioni per il piccolo istituto senese si ingrossano, molta poca attenzione viene dedicata al vero, gigantesco bubbone del sistema bancario mondiale: Deutsche Bank (DB). Nata nel 1870 per liberare i mercanti tedeschi dal predominio della finanza anglosassone, che lucrava sul commercio internazionale del nascente Secondo Reich, dopo quasi un secolo e mezzo di attività è divenuta una delle più grandi banche d'investimento del mondo, comparabile con Goldman Sachs o JP Morgan: 100mila dipendenti in 70 paesi, oltre 1600 miliardi di asset e interessi che spaziano in tutte le direzioni, dalle valute (è la banca leader nel "forex") ai mutui, fino ai derivati. E come vedremo proprio i derivati rappresentano la vera incognita del colosso tedesco.

DB accusa la crisi finanziaria globale del 2008 ma sembra uscirne abbastanza bene, nonostante fosse pesantemente esposta al crollo dei mutui subprime ed una dei maggiori operatori nel mercato delle obbligazioni collateralizzate (CDO). Anzi, come rivelerà un'inchiesta del Senato americano, DB continuò imperterrita a trattare debiti dubbi con i suoi CDO anche negli anni successivi.
I guai grossi per DB però iniziano con lo scandalo Libor, ovvero la manipolazione dei tassi di interesse, che ha coinvolto molte delle principali banche d'affari mondiali. DB viene multata nel 2013 per 259 milioni di euro dalla Commissione Europea e poi per circa 2,5 miliardi di dollari dalle autorità americane e britanniche nell'aprile 2015. Nell'ottobre dello stesso anno DB annuncia una pesante ristrutturazione: taglio del 9% del personale, ritiro da 10 paesi e una pesante sforbiciata alle consulenze. Ma tutto ciò non basta e i titolo continua a soffrire in borsa. La corsa di DB sembra quella di un altleta che, già azzoppato, riceve uno dietro l'altro delle sprangate alle gambe. Solo pochi giorni dopo la maximulta, DB è multata nuovamente dalle autorità americane di altri 257 milioni di dollari per aver lavorato con paesi colpiti da sanzioni. Nel gennaio 2016 DB annuncia che il 2015 è andato molto male, con una perdita di 6,8 miliardi di dollari. Il resto è storia delle ultime settimane. Il 23 giugno la Brexit fa precipitare il titolo di DB che perde l'11% (-45% dall'inizio dell'anno). Il 29 giugno il Fondo Monetario Internazionale definisce DB "il più grande contributore del rischio sistemico" vale a dire la banca più grande e fragile del mondo. E già. Nel marzo 2016 la banca aveva dichiarato un valore "nozionale" dei derivati in suo possesso pari a 52mila miliardi di dollari, una cifra stratosferica grande oltre 13 volte il Pil tedesco.

A questo va aggiunto che la "leva finanziaria" di DB (vale a dire il rapporto tra impieghi e capitale) è pari ad un fattore 40 secondo l'analisi di Berenberg Bank. Il che significa che una svalutazione degli attivi (ad esempio dei crediti inesigibili) pari ad appena il 2,5% azzererebbe il capitale del colosso tedesco. Il giorno dopo, 30 giugno, la Federal Reserve, in qualità di autorità di controllo del sistema finanziario americano, boccia DB agli "stress test", accusandola di cattiva gestione del rischio.

La crisi di DB pare non avere mai fine. Per averne un'idea, le azioni della banca tedesca valevano il 7 luglio 2016 solo 11,7 euro, un decimo rispetto a maggio 2007, prima del tracollo che ha preceduto la "Grande Recessione" mondiale. Attualmente il valore in borsa di DB, una delle più grandi banche al mondo, è circa quello della piccola azienda che ha creato la famosa applicazione Snapchat. E a conferma che la situazione sta divenendo drammatica, proprio il capo economista di DB, David Folkerts-Landau, ha invocato un fondo di 150 miliardi di euro per consolidare le banche europee. Insomma, pensiamo pure a salvare MPS, ma la bomba inesplosa della finanza globale non è certo sepolta sotto Piazza Salimbeni."