MARKET FLASH:

"It seems the donkey is laughing, but he instead is braying (l'asino sembra ridere ma in realtà raglia)": si veda sotto "1927-1933: Pompous Prognosticators" per avere la conferma che la storia non si ripete ma fà la rima.


martedì 5 febbraio 2013

2013: un anno interessante

Che il 2013 fosse un anno potenzialmente molto interessante era noto da tempo. L'impostazione fortemente espansiva delle politiche monetarie nel corso del 2012 ed il fiorire di interventi straordinari, che fanno sorridere di fronte ai ricordi della "Exit Strategy" di qualche anno fa, era di per sè un motivo di forte curiosità. Si sà: i mercati sono guidati nei momenti di grandi mutamenti di tendenza da due categorie di eventi, i cambiamenti strutturali e le politiche economiche. Il punto è che se queste ultime, specie le politiche monetarie che più ci interessano in questo frangente, non portano ai primi difficilmente possono essere definite "di successo". Insomma od i cambiamenti strutturali vengono imposti direttamente od, attraverso strumenti che ne agevolano il conseguimento, vengono ottenuti indirettamente. Pensiamo alla situazione attuale di Eurozona, è noto che basterebbero alcuni importanti cambiamenti strutturali per risolvere una buona parte dei problemi di stabilità dell'Area: una Banca Centrale che sia anche prestatore di ultima istanza, un nucleo (almeno) di finanza pubblica dell'Area, possibilmente un'unione politica e non solo monetaria. Obiettivi ambiziosi verso i quali la Vigilanza Bancaria comune sarebbe - o forse, direbbero i "pessimisti" ad oltranza, sarebbe stata - il primo passo ed una forma di tutela comune dei depositi il secondo od il terzo.  La strada verso questi ultimi obiettivi intermedi è stata tracciata nel giugno scorso ed ha trovato un primo punto di accordo verso la fine del 2012. Il fatto è che il percorso non è stato liberato del tutto da resistenze e presenta punti di difficoltà ancora irrisolti. Le vicende recenti relative al Monte dei Paschi di Siena sembrano inoltre aver portato al pettine - forse ci sbagliamo - alcuni nodi di una certa rilevanza. In primo luogo la vicenda del Gruppo bancario italiano sembrava sino a qualche giorno fa, un problema meramente nazionale, certo con rilevanti riflessi e collegamenti internazionali ma ancora limitato per quanto riguarda i protagonisti alla ribalta direttamente coinvolti, all'ambito del sistema bancario italiano. Gli ultimi sviluppi tendono invece a delineare un quadro più complesso nel quale vanno a collocarsi anche importanti gruppi bancari europei ed extra-europei. In effetti però ad inizio dicembre era stata divulgata la notizia di tre dipendenti che accusavano la Deutsche Bank di aver nascosto, durante il periodo caldo della crisi finanziaria 2007-2009, perdite per 12 miliardi di USD. Le perdite erano legate ad una posizione in derivati. Si sono visti anche titoli del seguente tenore: anche la Germania ha il suo Monte dei Paschi. Un brutto vulnus alla credibilità del sistema finanziario, un colpo che forse in passato avrebbe fatto cadere subito molte teste. Ora, saltando solo apparentemente di palo in frasca, consideriamo la linea di politica monetaria del recente passato. Le inedite iniezioni di liquidità a cui abbiamo assistito negli ultimi 14 mesi sono state salutate da molti come un argine decisivo al contagio del sistema creditizio internazionale ed europeo di fronte alle turbolenze dei debiti sovrani in Eurozona. Si diceva che era stato rotto il circuito perverso tra difficoltà della finanza pubblica e difficoltà del sistema bancario. Posto che gli ultimi eventi potrebbero mettere in dubbio una simile affermazione, il timore è che l'efficacia marginale di dette misure sia indirettamente proporzionale all'intervallo di tempo durante il quale esse vengono prese ed alla loro entità e, soprattutto, che questa efficacia sia molto diminuita nel recente passato proprio per un eccesso di interventismo. Ci spieghiamo meglio: l'interrogativo se queste misure abbiano rappresentato solo un ponte, solo uno strumento per guadagnare tempo in attesa di una soluzione strutturale, appare oggi tutt'altro che peregrino. Le stesse autorità hanno a più riprese ribadito la necessità di compiere cambiamenti strutturali affinchè l'effetto delle misure monetarie potesse risultare duraturo nel tempo e risolutivo. Oggi a distanza di circa cinque mesi dal lancio delle OMT e di circa 12 mesi dall'ultima LTRO è invece bastata l'avvisaglia di una turbolenza politica in Italia ed in Spagna per riportare in primo piano il problema Eurozona ed in particolare il "Caso Italia"  sui mercati finanziari internazionali. O forse no? O forse le turbolenze politiche succitate sono solo due tessere di un mosaico più complesso in cui MPS ha giocato il ruolo di cartina di tornasole di problemi più profondi e meno visibili legati alle condizioni del sistema bancario continentale e dell'Area UME? L'allargarsi delle indagini oltre frontiera potrebbe essere un elemento che spinge in quest'ultima direzione. Ci sono forse ostacoli ignoti che potrebbero frenare i cambiamenti strutturali necessari, parte dei quali già disegnati ed in via di realizzazione? Potrebbero essere necessarie ulteriori e più pesanti dosi di politica monetaria, rispetto a quelle sino ad oggi somministrate, per evitare un eccessiva instabilità finanziaria o dei mercati? Parafrasando il Cigno Nero di Nicholas Nassim Taleb, è nella natura umana cercare collegamenti tra risultati oggettivi sui mercati finanziari e fatti di dominio pubblico. Il punto è che la fallacia narrativa (il riuscire a trovare a posteriori delle giustificazioni ai fatti accaduti) è sempre in agguato mentre non prendiamo mai in considerazione le prove silenziose. Infatti ci basiamo nel formulare i nostri giudizi solo su ciò che conosciamo, anche se ciò che non conosciamo potrebbe capovolgere le nostre convinzioni (da Cicerone: dove sono gli ex voto di quelli che hanno pregato e sono morti lo stesso?). I prezzi di mercato però invece tendono a solleticare lo scetticismo: se si muovono in una certa direzione non è spesso più opportuno e proficuo trascurare le notizie a disposizione del pubblico cercando invece eventi che non hanno ancora prodotto una notizia pubblica ma che, con una certa verosimiglianza e seppur ignoti, hanno prodotto un movimento sui prezzi di mercato (il movimento dei prezzi è certamente oggettivo mentre l'interpretazione del collegamento tra la notizia e le vicende di mercato è spesso altamente soggettiva e tendenzialmente frutto di "herding")? Il timore, detto francamente, è che i ciclopici interventi monetari dell'ultimo anno siano serviti solamente a "calciare più avanti la lattina" in attesa di qualche miracolo che non è accaduto ed, anzi, potrebbero ritorcersi contro gli intenti originari, fornendo al mercato lo strumento per ampliare la sua volatilità. Del resto la maggiore liquidità, passata la sbornia iniziale, se non si riversa a favore dell'economia reale probabilmente finisce nelle attività di speculazione finanziaria e può rappresentare una leva sulla base della quale ampliare il credito a tale ultimo fine. Quindi, sempre "forse" (alla faccia della sicumera di tanti "apprendisti stregoni", magari investiti di ufficialità), ad oggi ancora non ci rendiamo conto quanto potrà essere "interessante" questo anno e quali turbolenze saranno alle spalle quando esso sarà finito. Personalmente sono convinto che le sorprese, per molti ma non per tutti, saranno di una certa rilevanza. A fine anno potremmo, ad esempio, trovarci con corsi azionari su livelli molto più bassi degli attuali oppure, alternativamente, con una molte macerie sui mercati delle obbligazioni pubbliche. Certamente il mercato dei cambi attraverserà, e lo abbiamo già visto ad inizio anno, periodi di intensa e drammatica volatilità (si badi bene che la volatilità non ha un'unica direzione). Insomma il pivot a quota 1353 per lo S&P500 potrebbe ripresentarsi molto prima del dicembre 2013 e quindi, considerando l'anno un orizzonte di medio periodo, mantenere validi i termini del commento formulato a fine dicembre riguardante il mercato azionario statunitense. Del resto non sempre mancare un'onda finale di un trend di medio periodo può rappresentare un errore se questo serve ad evitare di rimanere "appesi" ad un'inversione del trend medesimo. Riguardo alle materie prime poi, anche se uno scenario rialzista potrebbe essere interessato da qualche ritardo, non abbiamo alcun dubbio circa la sua prossima realizzazione: le azioni di calmierazione possono essere anche consistenti ma alla fine il mercato prevarrà e la nostra fiducia nei meccanismi di mercato è più forte della portata degli interventi che tendono a reprimere una volatilità normale (certo se inondi i mercati di moneta il concetto di normalità tende a spostarsi su livelli molto più elevati) e fisiologica. Anzi, sempre ricordando Taleb, più si cerca nel presente di reprimere la volatilità più gli effetti saranno intensi nel futuro. Come per i terremoti più è lungo il tempo durante il quale la forza si accumula senza dare luogo a manifestazioni visibili, più sarà elevata l'intensità dei fenomeni tellurici nel momento in cui questi si manifesteranno. L'unica speranza quando si parla di terremoti è quella di subire scosse ripetute di media intensità piuttosto che un'unica scossa di intensità elevata e distruttiva. La politica monetaria ultimamente sembra però lavorare in senso contrario: invece di lasciare che si manifestino frequenti turbolenze di media entità tende a reprimerle, accumulando una forza spaventosa che può manifestarsi più raramente ma con intensità estrema. In questi casi si può parlare della solita tendenza deviante ed illuminista del genere umano, che ritiene possibile controllare gli eventi anche quando questi sono particolarmente complessi? Se così fosse, se esistesse la presunzione di potere controllare eventi di complessiva straordinaria, sarebbe una forma di notevole e sgradevole illusione che collide oggi, in questi tempi di eccessiva fiducia negli strumenti di "governo", con la saggezza di molte generazioni passate.