Economic commentaries, articles and news reflecting my personal views, present trends and trade opportunities. By F. F. F. Russo (PLEASE NO MISUNDERSTANDING: IT'S FREE).
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"It seems the donkey is laughing, but he instead is braying (l'asino sembra ridere ma in realtà raglia)": si veda sotto "1927-1933: Pompous Prognosticators" per avere la conferma che la storia non si ripete ma fà la rima.
sabato 9 febbraio 2013
I veri ostacoli allo sviluppo
Si sente spesso parlare di innovazione, ci sono convegni dove i relatori si riempiono la bocca di questa parola declinandola nelle più svariate accezioni con sperticate evoluzioni. Raramente però, almeno nel nostro strano Paese, si sente parlare di qualcosa che è alla base dell'innovazione: lo spirito critico, la capacità di negare lo status quo ed immaginare qualcosa di diverso da quello che sino ad oggi è ritenuto dogmaticamente invariabile e non negoziabile. In effetti può apparire strano che in una nazione dove "tutti riescono a criticare tutto" vi sia carenza di spirito critico. Il punto è che fino a che si tratta di chiacchere, di temi da bar (pensiamo alo sport nazionale: il calcio), moltissimi sono pronti alla critica, quando si tratta di passare all'azione, alla critica vera, quella che rischia di incidere sul reale, allora ne vedi pochi che non siano allineati e coperti. Stiamo parlando dello spirito critico e della libertà di critica come motore primo dell'innovazione e lo conosceva bene questo problema Galileo che pagò cara l'applicazione dello spirito critico ai problemi cosmologici. Oggi le cose non sembrano essere molto cambiate, almeno nel mondo dell'analisi e gestione dei rischi, specie di quelli economici. Il pensiero dominante, quello della deviazione standard e della gaussiana, non lascia spazio significativo. Il mondo è, e deve essere, piatto: guai ad avanzare ipotesi alternative, non importa se la realtà ogni giorno ci fornisce mille conferme empiriche dell'assurdità di un modello gaussiano - o delle sue derivazioni più o meno "elastiche" - applicato ai problemi dei rischi economico-finanziari. Caso mai, appunto, se il vestito sta stretto si allarga un pò di qua ed un po' di là, qualche agiustamento mette tutto a posto. Mi riferisco alle mille diavolerie, a partire dall'utilizzo di varianze sempre più ampie, o disparate ed originali, nella modellazione sino alle simulazioni Monte-Carlo, al postulare l'esistenza di correlazioni quando neppure in via ipotetica ne esistono i presupposti, senza neppure lontanamente ipotizzare che questi espedienti non sono altro che riaffermare che la terra è piatta e deve rimanere tale. La cosa grave non è la scelta del modello gaussiano o della distribuzione Normale - o qualsiasi derivazione della medesima - ma il paradigma che sottende tale scelta: bisogna preservare lo status-quo, meglio fare colare a picco la nave piuttosto che ammettere che la rotta è sbagliata, piuttosto che perdere il "controllo", il governo della nave. Il risultato è che si cola a picco stando al timone, salvo lasciare all'ultimo momento stile "Schettino" l'imbarcazione sulla scialuppa di salvataggio. In fondo la cattiva politica non è altro che il prodotto di una simile cultura che avvelena i gangli vitali della nostra società e della nostra economia. Guai ad affermare, non importa se è vero, che i fenomeni socio-economici sono complessi e che possono essere descritti correttamente solo da modello scalari, meglio piuttosto adattarsi alla cultura ufficiale, anche se questo significa dovere mettere le mani ai modelli formulati ed accettati un giorno si ed un giorno si. Dovere ammettere che la realtà dei fenomeni economici ha una struttura scalare significa accettare una quota di imponderabile, convivere nel mondo dell'impreciso e degli "insiemi sfumati" con una quota di imprevedibile che di fatto esiste ma che non si vuole accettare perchè ci si dovrebbe misurare con essa, dimenticando così la saggezza dei nostri nonni. Pensiamo alle distribuzioni di probabilità caratterizzate da una varianza infinita: significa che il "Governo" viene messo in dubbio, che i rischi non possono essere governati ma spesso solo prevenuti e quindi che il potere ed il controllo ha un limite e deve rispettarlo sempre. La cultura illuminista che ha avvelenato le menti, talvolta anche quelle che si ritengono più vicine al trascendente, non accetta questo limite: è l'ipocrisia e l'incoerenza di chi frequenta i banchi e commette i peggiori peccati, tanto poi basta confessarsi. Del resto sappiamo che il peccato è figlio della miseria umana, della debolezza dell'uomo. Il punto è che, come ci insegna Nassim Nicholas Taleb, questo concede un vantaggio competitivo enorme a colui che sa distaccarsi dal gregge, che riesce ad essere l'essenza del genere umano, che preferisce essere apparentemente schiavo ma realmente libero - opposto agli apparentemente liberi schiavi del loro limite - realizzando qualcosa di intrisecamente giusto e bello. E' infatti in primo luogo una questione di bellezza: da un lato la moltitudine appiattita, anche se apparentemente prevalente, e dall'altro l'uomo libero nel Creato, perchè rispettoso dei limiti ad esso posti, solo apparentemente soccombente. Insomma se la legge scalare è la madre del bello e della proporzione assoluta il rischio degli eventi complessi può essere correttamente e bellamente misurato solo con questo metro: quando si utilizza un altro metro, apparentemente più comodo, non solo si sommano errori ad errori ma si inneggia anche al brutto, seppur "De gustibus non disputandum est". La necessità di ripararsi dietro un falso senso di sicurezza e di controllo se non avesse conseguenze drammatiche sarebbe solo una brutta manifestazione dell'imperfezione assoluta insita nella natura umana, uno scherzo risibile, il fatto è che questa impostazione in ultima analisi è il vero limite alle possibilità di sviluppo, alle possibilità di innovazione. Solo vedendo i fenomeni sotto un punto di vista diverso da quello consueto è possibile trovare le soluzioni a problemi apparentemente insolubili, quindi innovare profondamente. Bisogna cambiare il proprio punto di vista, bisogna avere coraggio ed onestà intellettuale: una merce molto rara ai nostri giorni come ai giorni di Galileo. Limitando la critica, limitando il rischio si preclude la possibilità di percorrere nuove strade certo appunto "rischiose", ma solo apparentemente più rischiose rispetto a rimanere sulla strada attuale che porta verso rovina "sicura". Il genere umano, in particolare dopo una certa età, ha difficoltà ad abbandonare le comode abitudini, preferisce che siano gli altri a farlo perchè "meglio un uovo oggi che la gallina domani": che sia questo il vero peccato originale? Forse Eva ha veramente pensato in seno suo: "meglio la mela oggi che il Paradiso domani?". Allora si cerca di sopprimere la varianza, che nella realtà significa non accettare la innata natura dei mercati (dei beni reali e dei prodotti finanziari) a mostrare un certo grado di instabilità, ad esempio inondandoli di liquidità. Peccato che questa liquidità quando non trova la via dell'economia reale - perchè la redditività attesa è troppo esigua - trova la via dell'impiego nell'economia finanziaria nella cosiddetta - impropriamente - "speculazione". Continuando a sopprimere la volatilità - manifestazione nei prezzi della varianza insita nei processi economico-finanziari e della loro ciclicità - si sommano tensioni a tensioni ed è questa la vera "speculazione" in un riflesso infinito di specchi, di immagini senza sostanza. Come succede nella meccanica dei terremoti, quando la collisione di due placche tettoniche non da luogo a numerosi aggiustamenti di modesta o media entità ma invece accumula energia cinetica inespressa, poichè questa accumulazione non può durare all'infinito, alla fine essa sfocia in un fenomeno tellurico di dimensioni molto più consistenti e quindi molto più distruttivo, appunto seguendo una legge esponenziale. Del resto è assolutamente intuitivo, e verificabile sul campo nella realtà quotidiana e storica, capire che se si cerca di evitare la normale ciclicità dell'economia, ad esempio utilizzando il credito senza limiti per evitare che il ciclo completi la sua fase discendente, alla fine si giunge a sommare squilibri economici che inevitabilmente sfociano in un episodio recessivo profondo e quindi, talvolta, nella depressione. Poi però questi squilibri - proprio perchè legati ad un eccesso di debito - richiedono un periodo molto lungo per riassorbiti: bisogna ridurre prima gli eccessi di indebitamento (sia esso pubblico o privato) per uscire dalla depressione. Peccato che sia proprio il momento peggiore per destinare risorse economiche scarse a tale fine. Purtroppo non conta accorgersene troppo tardi - anche se i segnali erano lì a portata di mano - e cercare di rinviare il riaggiustamento od addolcire l'amare medicina del doloroso riequilibrio, con l'anestetico di massiccie dosi di liquidità: più si anestetizza la parte e si rinvia il momento del riequilibrio, più il suo conseguimento risulta doloroso e difficoltoso. Come andrà a finire, parafrasando un grande "economista" del passato, "lo scopriremo solo vivendo (Lucio Battisti)". Questo solo, però, se qualche apprendista stregone (o qualche gruppo di tale specie) non pensi sia meglio nascondere tutta la polvere sotto il tappeto di un bel conflitto armato .... non sarebbe la prima volta e qualche segnale si scorge nelle dispute tra Giappone e Cina. Un bel modo elegante - a questo punto ci chiediamo dove stia di casa la rozzezza - per risolvere i problemi.
alle
01:31
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